venerdì 20 aprile 2012

DIGRESSIONI DANTESCHE:"Lasciate ogni speranza voi che.."

Qualche giorno fa leggevo una serie di indicazioni contenute su un foglio affisso qua e là per le cucine di una sala ricevimenti. Una sfilza di frasi scritte in maiuscolo, seguite da numerosi punti esclamativi che ne enfatizzavano il carattere perentorio e, perché non dirlo, totalitario: si trattava di ordini, neanche tanto velati, della direzione nei riguardi della brigata di sala. 
Oltre ai toni tutt’altro che gentili, come si evinceva da alcune espressioni, del tipo “non fate finta di niente”, “queste saranno le regole che vi tormenteranno per tutta la prossima stagione”. Ora, il mio primo pensiero è andato al vate Dante. Che ci azzecca, mi direte voi. Ebbene, leggendo il suddetto foglio, mi è balzata in mente la celeberrima frase all’ingresso dell’Inferno "Lasciate ogni speranza voi ch’entrate”. Il messaggio era adeguatamente farcito dal monito-congedo : ”Chi non è d’accordo può andarsene anche subito!”. Al che ho pensato che Dante doveva essere una persona straordinariamente coerente. Se lui accoglie i dannati con siffatto proemio che esclude ogni possibilità di ritorno, si può ben essere certi che tali anime prave non avranno nessuna possibilità di ritorno. Al contrario, i due messaggi in questione mi hanno lasciato un po’ perplesso. Cioé “mi tormenti, ma mi autorizzi ad andarmene nel caso in cui non fossi d’accordo?”.
Mi scusino i lettori per la digressione, forse neanche tanto appropriata, ma il vero punto è un altro. Questa iniziativa, assieme ad altre cui mio malgrado ho assistito nelle mie esperienze lavorative, ha fatto sì che una domanda rimbombasse nella mia mente: ”Che cosa siamo diventati noi lavoratori? A che livello di bassezza ci siamo lasciati condurre se ci lasciamo trattare come cani che elemosinano avanzi?” E le domande potrebbero essere altre, ma proviamo a dare risposte. Credo che oggi, complice anche la spaventosa crisi di cui siamo vittime, la classe operaria sia ancor più vittima di quei pochi che offrono un lavoro in questo nostro Sud dimenticato dai potenti, ma anche da noi stessi. Credo che oggi si sia perso lo spirito di quella classe operaria che vedeva sé stessa come un gruppo, eterogeneo ma unito, che lottava per i propri diritti e che con le sue proteste ha portato i lavoratori a quelle conquiste di cui fino ad oggi godono, ma che sembrano essere minate sempre più frequentemente. Credo che oggi, ancor più che in passato, si richieda per i lavoratori la rinnovata necessità di coalizzarsi, di unirsi per difendersi dalle sevizie dei proprietari. Da soli siamo parti, insieme possiamo realizzare il tutto. 
Credo sia l'ora di renderci conto che la nostra forza è nella nostra unità, nella nostra alleanza. E non sto parlando della solita lotta contro i capitalisti, cui non agogno, ma della consapevolezza che noi lavoratori, in gruppo possiamo e dobbiamo far sentire la nostra voce, oggi e sempre. Forse, potremmo riprenderci quelle speranze che Dante così repentinamente e crudelmente ci aveva sottratto con quel messaggio sin troppo categorico.

« [...] Caron, non ti crucciare:
Vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare »

(Inf. III 95-96)

D. J.
"AI COMMENTANTI L'ARDUA SENTENZA"

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