mercoledì 15 maggio 2013

Scarabocchi


Qualche giorno fa, un telegiornale, non so su  quale canale però (ormai sono così tanti, credo che prima o poi anche questo blog avrà il suo ), ha riportato una notizia molto interessante: una delle più rinomate università  europee ha elaborato una teoria in cui si mette in primo piano l'importanza degli scarabocchi.
Secondo questi studiosi, gli scarabocchi sono da ritenersi più che orrende deviazioni di penna o pennarelli o burle di pittori in stato d’ozio. Essi sono da studiare, analizzare, comprendere, capire; non solo quelli di Albert Einstein o Leonardo Da Vinci, bensì anche quelli dei bambini, che nei ¾ del loro periodo trascorso nelle diverse nomenclature di edifici scolastici quasi sempre fatiscenti, riempiono quaderni e libri, ma anche banchi e mura. Chiunque di noi, che ha avuto la fortuna o la sfortuna di studiare, dipende dai punti di vista, ha scarabocchiato sui propri attrezzi da lavoro, sui propri "ferri del mestiere". Così li chiamava un mio prof. che ho iniziato ad apprezzare nel tempo. Personalmente scarabocchiavo in modo costante e perpetuo. Dalle offerte del Fantacalcio alla classica domanda al tuo compagno di banco
<< che ore sono?>>  oppure <<quanto manca?>>... Alla ricreazione prima, e dopo al suono della campanella che avrebbe posto fine all’ennesimo giorno di scuola.

Quel suono di campanella sollevava il morale, perché ti faceva sentire come un galeotto scampato all’ergastolo o alla sedia elettrica.

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