sabato 6 luglio 2013

Egitto, é golpe

Autore: Michele Paris
Fonte: http://www.altrenotizie.org/esteri/5566-egitto-e-golpe.html

Alla scadenza dell’ultimatum imposto lunedì al presidente Mohamed Mursi per rispondere alle richieste dei milioni di manifestanti scesi nelle piazze a partire dal giorno precedente, i militari egiziani hanno come previsto ripreso in mano la guida del paese nordafricano. Dopo una giornata segnata da nuove gravissime tensioni, il capo delle Forze Armate e ministro della Difesa, generale Abdel Fattah al-Sisi, nella serata di giovedì ha così annunciato in diretta televisiva il fallimento del presidente islamista di fronte al popolo egiziano, decretando la sua deposizione dopo appena un anno dall’insediamento.

Il percorso tracciato dai militari dopo il golpe prevede la sospensione della Costituzione e la nomina a capo dello stato ad interim del presidente della Suprema Corte Costituzionale, Adly Mansour, nonché la creazione di un governo tecnico che rimarrà in carica fino a che verranno indette nuove elezioni parlamentari e presidenziali.

L’annuncio dei generali è giunto al termine di una giornata nella quale soldati e carri armati erano stati dispiegati nei pressi della TV di stato e del palazzo presidenziale, così come nelle piazze del Cairo e delle altri principali città del paese per prevenire nuovi possibili scontri.

La decisione proclamata dal generale al-Sisi è stata presa dopo intense consultazioni con i leader religiosi e politici, alcuni dei quali sono apparsi al suo fianco in diretta TV, così da dare l’impressione di unità in un momento estremamente delicato per il più popoloso paese arabo.

L’intervento delle Forze Armate, infatti, è stato deciso per compattare i vertici delle istituzioni egiziane e fornire l’illusione di venire incontro alle domande di cambiamento e democrazia espresse dalla folla oceanica di manifestanti che ha protestato in questi giorni contro il regime islamista di Mursi. Una volta ottenuto il consenso del maggior numero possibile di forze politiche e di leader religiosi per la “road map” dei militari, perciò, le proteste di piazza non verranno più tollerate, come dimostra appunto il massiccio dispiegamento di soldati nella giornata di mercoledì.

Le scene di giubilo al Cairo e un po’ ovunque in Egitto dopo la rimozione del presidente saranno dunque di breve durata, dal momento che il colpo di mano dei militari non porterà in nessun modo ad una svolta democratica nel paese, nonostante l’ostilità diffusa nei confronti di Mursi e i Fratelli Musulmani.

Il golpe, inoltre, ha ricevuto con ogni probabilità l’avallo degli Stati Uniti, anch’essi estremamente preoccupati per la rabbia dilagante tra la popolazione verso un regime sempre più autoritario e incapace di alleviare le sofferenze provocate da un’economia in profonda crisi.

Dopo gli inviti rivolti nei giorni scorsi a Mursi per ascoltare le richieste dei manifestanti, mercoledì l’amministrazione Obama ha emesso comunicati molto blandi in relazione alla situazione in Egitto, con la portavoce del Dipartimento di Stato, Jen Psaki, che ha ad esempio manifestato la generica “preoccupazione” di Washington per i fatti che stanno accadendo nel paese alleato.

Sulla presa di posizione degli USA a fianco dei militari, sia pure in maniera non ufficiale, hanno pesato le considerazioni di natura strategica in relazione ai propri interessi nella regione e alla necessità di garantire la “sicurezza” di Israele, obiettivi che sarebbero stati messi a rischio con il persistere delle proteste e l’esplodere di una nuova rivoluzione impossibile da controllare.

Inoltre, nonostante la partnership costruita con Mursi e i Fratelli Musulmani in questi mesi, a Washington e Tel Aviv è rimasta una certa diffidenza nei confronti del nuovo regime del Cairo, soprattutto alla luce dei successi fatti segnare dai movimenti islamisti in altri paesi arabi.

Gli effetti dell’iniziativa delle Forze Armate egiziane saranno comunque tutti da verificare già a partire dalle prossime ore. Per quanto riguarda la sorte dell’ormai ex presidente Mursi, i media locali non hanno per ora parlato di un suo arresto, anche se sarebbe stato trasferito in una caserma della Guardia Repubblicana.

I sostenitori dei Fratelli Musulmani, invece, hanno manifestato la volontà di difendere fino alla fine il proprio presidente eletto, facendo così presagire possibili nuove violenze in un paese ancora ben lontano dal vedere la fine del caos scoppiato due anni e mezzo fa con la caduta di Hosni Mubarak.


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